Qualche anno fa al cinema uscì un film dal titolo evocativo: generazione 1000 euro.
Ve lo ricordate?
Io mi ricordo che quando uscì ci fu un po’ il solito dibattito inconsistente all’italiana, ovvero tutti a scandalizzarsi per questi poveri e geniali giovani trattati come pezze da piedi dai colossi dell’industria e nessuno che alla fine fa qualcosa di concreto per risolvere il problema.
Del resto, da un paese che non è neppure in grado di comporre un governo dopo delle elezioni, cosa vi aspettate?
Bene, pensavo ieri che ad oggi si potrebbe girare il sequel di questo film, aggiungendo un sottotitolo ancor più evocativo: generazione 1000 euro, a partita iva però.
Già, perchè si dà il caso che la situazione lavorativa dei giovani a 1000 euro al mese non solo non è cambiata nel corso di questi pochi anni, ma è addirittura peggiorata.
Mi rendo conto di non introdurre un argomento chissà quanto originale, ma poichè trovo la pratica delle finte partite iva contraria alla dignità umana vorrei comunque poter dire la mia.
Come vi ho già detto, io ho lavorato per alcuni anni dopo la laurea nel mondo legale.
Certo, “lavorato” forse è un termine un po’ forte, perchè presupporrebbe che io sia stata regolarmente retribuita per il mio lavoro e questo non è neppure lontanamente vicino alla realtà, ma comunque, diciamo allora che ho fatto volontariato nel mondo legale e ho visto un po’ come funziona quando finalmente smetti di stare nel gradino più basso della catena alimentare insieme alle iene (Valentina mi stai leggendo?) quale ultimo dei praticanti e diventi un giovane e brillante avvocato pieno di belle aspettative e che finalmente può dare del “tu” al capo studio anziano – ma io ho davvero studiato 10 anni per questo? Per dare del tu ad un avvocato di 70 anni?! Sono perplessa… -.
Ebbene, se la tua buona stella ti guarda, ti verrà concessa la possibilità di rimanere nello studio dove hai fatto la pratica.
Direte voi: “Figo, ti assumono!”.
Dico io: “Sbagliato! Ti fanno aprire una bella partita iva!”.
Che problema c’è!
Partendo dal presupposto che la professione forense rientra nella sfigatissima categoria delle libere professioni – dove libero vuol dire che sei perfettamente libero di scegliere se lavorare 12, 15, 20 o 24 ore tutti i giorni sabati e domeniche inclusi – e che quindi è altrettanto perfettamente normale che non ci sia una certezza connessa al guadagno che un soggetto può avere dal suo lavoro, vi domando questo: se una persona x, diciamo un Tizio qualunque proprio per essere una spanna sopra l’originalità, lavora sempre e solo in uno studio, con degli orari ben definiti e predeterminati, solo per i clienti del predetto studio, facendo udienze sempre per gli stessi avvocati, ricevendo sempre gli stessi clienti e sostituendo sempre lo stesso professionista… è libero?
A me non sembra.
Certo, ti dicono: “Va beh, ma tu hai la partita iva perchè così se vuoi puoi seguirti anche i tuoi clienti (quali?) o collaborare con altri professionisti e guadagnare pacchi di soldi in più.”.
Quando? Sentiamo, son curiosa.
No, perchè la buttano sul “se vuoi” così se non lo puoi fare quasi quasi è pure colpa tua, non so se avete capito il fine giochino psicologico.
Avere la partita iva, in verità, significa che tu vieni immediatamente qualificato come lavoratore autonomo, qualunque cosa tu faccia.
Vuol dire anche che, quindi, tasse e contributi – quelli forensi particolarmente convenienti… – te li paghi da solo di tasca tua e se ti vogliono mandare a casa perchè non gli servi più non hanno nemmeno bisogno di licenziarti.
No contratto, no party.
Quindi, “Generazione 1000 euro, al lordo delle ritenute“.
Qualche giovane commercialista a partita iva sarebbe così gentile da farmi il conto e scriverlo tra i commenti? Grazie.
Fortunatamente di questi tempi più che mai vale il detto “mal comune, mezzo gaudio”, per cui si può star tranquilli che nella situazione che ho appena descritto non ci sono solo i praticanti e gli avvocati della fascia tra i 25 e i 40 anni, ma anche tutti gli altri professionisti che sfortunatamente per loro svolgono quelle che il codice civile, all’art. 2229, definisce “professioni intellettuali” e non solo: ingegneri di tipo tradizionale, quindi edili e civili, architetti, psicologi, commercialisti, medici, ma anche fisioterapisti, dentisti e igienisti dentali, logopedisti, editori, interpreti, giornalisti e ho l’impressione che la lista sia ancora parecchio lunga.
So già qual’è l’obiezione che qualcuno, arrivati a questo punto, potrebbe muovere: “Beh, ma se hai una partita iva vuol dire che il tuo guadagno mensile non solo è variabile nell’importo, ma potrebbe essere anche molto alto, molto di più di quelli che un contratto ce l’hanno. Il contratto, che banalità!”.
La risposta in questo caso potrebbe essere: “Ma tu hai un contratto? No, perchè da come parli mi sa che non hai capito cosa sto dicendo.”.
Vediamo allora quanti fantastici milioni di euro guadagnano questi brillanti professionisti intellettuali, e parametriamoli con le responsabilità che hanno.
Perchè non è solo una questione di soldi, ma anche di quello che devi fare per una certa somma di stipendio, siamo d’accordo su questo?
Immagino che nessuno di voi avrà problemi a dire che un ingegnere che deve progettare un’abitazione, un medico chirurgo, un dentista o un avvocato che deve difendere qualcuno in tribunale di responsabilità ne ha molte.
Per quanto riguarda l’ultima categoria posso confermare che ne hanno tantissime, corredate da una quantità spropositata di scadenze perentorie che a tratti non ti fanno dormire la notte.
Hai voglia ad avere Google calendar!
Ebbene, secondo voi è dignitoso che un giovane di 30 anni, con i ritmi di lavoro che ho descritto sopra e che non sono frutto della mia mente perversa, guadagni, quando va bene, le somme di cui stiamo parlando, cioè 1000 euro al mese lordi, tenendo presente che non li guadagnerai nemmeno da subito, perchè prima che entri nel giro ci vuole almeno un anno?
Secondo voi i nostri genitori hanno fatto anni di sacrifici facendoci fare l’università per questo? Per farci lavorare gratis?
Secondo me no.
Perchè la verità è questa: che forse, in un tempo lontano in cui noi ancora non eravamo maggiorenni, avere la partita iva voleva dire all’inizio guadagnare decorosamente come un qualsiasi altro lavoratore normale, e alla lunga arricchirsi davvero; oggi invece vuol dire all’inizio guadagnare uguale o meno di una commessa part time di Intimissimi (che il contratto ce l’ha, differentemente da noi) e nemmeno tutti i mesi, e alla lunga, forse, guadagnare come una persona normale.
Dove alla lunga vuol dire dopo 10 anni.
A questo punto il lettore romantico potrebbe pensare: “Eh, ma siete un po’ sceglini però, se siete messi così male potreste sempre fare due lavori.”
Ah… ah… ah…
Volendo anche ammettere che dopo che hai lavorato per 10 ore tu abbia l’energia e la voglia di fare altro, bisogna ricordarsi che queste professioni sono incompatibili con tutto, tra un po’ anche con l’attività abusiva di volantinaggio per i supermercati, e questo perchè teoricamente quando ti iscrivi all’albo entri a far parte di una casta pazzesca piena di indicibili privilegi… Ma quali? Forse per i professionisti ultra quarantacinquenni, per gli altri non credo, state tranquilli.
E vi voglio dare anche un’altra bellissima notizia: con questi redditi da capogiro che ho appena illustrato, redditi che se ci fosse l’Ing. Cane gli girerebbe la testa, se andate in banca a chiedere un mutuo per comprare una casa – tante le volte vi venisse in mente a 30 anni di andare a vivere da soli – vi ridono in faccia.
Nemmeno se garantite con entrambi i vostri reni ve lo danno, state sereni.
Del resto mica sono scemi in banca, pensate davvero che hanno fatto i soldi sulla fiducia di lavoratori che come garanzia di un prestito non hanno nulla offrire?
Siamo seri, su.
Le possibilità per un giovane che è costretto a lavorare a queste condizioni pur di fare il lavoro dei suoi sogni per il quale ha duramente studiato, quindi, sono sostanzialmente due: o continua a vivere a casa di babbo e mamma per ammortizzare le spese di affitto, bollette e cibo, oppure va a vivere da solo e si fa costantemente aiutare dai genitori, che magari tutti i mesi gli passano una certa somma che va ad integrare il suo stipendio.
E se non rientra in queste due categorie?
Si mette l’anima in pace e, se ce la fa – il che non è detto proprio per niente -, si trova un lavoro vero, reprimendo i sogni e le aspettative che aveva fatto fino a quel momento.
D’altra parte se non hai nessuno che ti può mantenere non è nemmeno colpa tua.
Concludo questo post raccontandovi una storia.
Un paio di settimane fa ho conosciuto due ragazzi un po’ più grandi di me, sposati e con un bambino bellissimo di un anno.
Questi due ragazzi sono entrambi medici specializzati, che quando hanno finito la specializzazione si sono ritrovati a piedi, purtroppo come tanti altri nel loro settore.
Ebbene, lei ha ripiegato su un precarissimo dottorato a 1000 euro al mese che tra 3 anni finirà e lui, che è un chirurgo che fa le urgenze e i trapianti, si è ritrovato ad aprire la partita iva per fare il chirurgo pseudo libero professionista in ospedale.
Fa tutte le ore e i turni di un normale medico intramoenia regolarmente strutturato, con la non banale differenza che di quel medico intramoenia non ha nemmeno una garanzia in termini di assicurazione e malattia e che lo stipendio che prende lui è lordo e non netto.
Orario di lavoro: 8 – 20 tutti i giorni, sabati e domeniche compresi.
Reperibilità: h24, perchè lavora in un reparto dove ci sono continue urgenze.
Garanzie per questo lavoro così faticoso, importante e delicato: nessuna.
Solo io rileggendo queste parole penso che decisamente c’è qualcosa che non va?